della dott.ssa Caterina Stefanelli, ostetrica

Sul sonno dei bambini, la nostra cultura ha sviluppato pregiudizi e aspettative che contrastano molto con la realtà. Questi pregiudizi hanno una base più culturale che scientifica, significa che la maggior parte delle credenze più diffuse sul sonno nei neonati non trovano conferma in studi scientifici.

La necessità di informazioni corrette sul sonno nei neonati

Il problema principale è che spesso i genitori sono poco informati sull’argomento e mal supportati dalle figure professionali esperte. Spesso le mamme e i papà in attesa hanno aspettative che poi non trovano riscontro nella normale routine quotidiana e sono in difficoltà a gestire i risvegli dei piccoli. L’equivoco più banale è quello di pensare che i bambini dormano come gli adulti, quando adulti ancora non sono.

Come funziona un neonato?

Prima del parto, ci si può preparare frequentando corsi e leggendo, ma come dormirà il tuo bambino prima che nasca non lo sa nessuno, e soltanto lui potrà farti conoscere i suoi ritmi di sonno.
I bambini possiedono una programmazione neurologica innata, che prevede la necessità di essere accuditi da parte degli adulti come una condizione necessaria per garantire lo sviluppo ottimale del loro cervello.
Il sistema nervoso dei bambini è incompleto e nei primi tre anni di vita la crescita delle cellule e delle connessioni nervose è continua.
Nei primi tre anni i bambini imparano a parlare bene, controllare gli sfinteri, camminare, correre e dormire tutta la notte: ognuno di questi passaggi avverrà con tempi e modi differenti e sarà necessario l’aiuto di un adulto.
Fin dalla nascita, il contatto pelle a pelle tra neonato e mamma proteggerà il bambino dallo stress, regolando gli ormoni che gli daranno serenità e tranquillità. Per la mamma, invece, il contatto fisico stimolerà la produzione di ormoni legati all’istinto materno e che andranno a stimolare l’allattamento.
Per il neonato la mamma è nutrimento, affetto e relazione. Il contatto, la risposta pronta alle sue richieste e l’amore aiuteranno il bambino ad acquisire sicurezza nelle proprie capacità di interazione e a comunicare i propri bisogni a chi si prende cura di lui.

Perché le emozioni dei bambini non vanno ignorate

Nei bambini, fino al quarto anno di vita, domina l’emisfero destro del cervello, ovvero l’emisfero emotivo e affettivo. Questo significa che da 0 a 4 anni i bambini hanno bisogno di essere rispettati a ascoltati nelle loro emozioni e che la modalità di comunicazione non verbale è la loro preferita – non avendo ancora sviluppato la parte dell’encefalo che prevede loro di essere “ragionevoli” come molti adulti vorrebbero.
Come possiamo pretendere che un bambino di pochi mesi accetti che le sue emozioni vengano ignorate, per esempio di notte? È una pretesa che non può essere soddisfatta. Le emozioni a quest’età sono degne di attenzione sia di giorno che di notte.
I bambini hanno bisogno degli adulti per imparare a camminare, vestirsi, mangiare, e hanno bisogno di loro anche per imparare ad accettare le proprie emozioni e a trasformarle, in caso di stress, in emozioni gestibili e positive.
La maturazione cerebrale di un bambino avviene in modo sequenziale: ogni nuovo sviluppo si inserisce sulle basi precedenti, derivate da esperienze passate.
È sempre opportuno rispondere prontamente al pianto di un bambino, perché è il suo modo di comunicare qualcosa, un suo disagio o un suo bisogno. Se il suo pianto viene ignorato, l’ormone dello stress, il cortisolo, aumenterà in circolo e il bambino faticherà a calmarsi. Potrà iniziare a piangere ancora più forte o smetterà di piangere. Quest’ultima risposta può essere scambiata per una conquista di autonomia e indipendenza, ma in realtà può essere una difesa del piccolo, la rassegnazione che nessuno risponderà alle sue richieste, e questo lo renderà insicuro.

sonno nei neonati

Il ciclo vitale e il sonno nei neonati

Brazelton, noto pediatra americano, ha individuato sei stati comportamentali che caratterizzano le 24 ore di un neonato. Questi stati si ripetono ciclicamente durante la giornata di un neonato.

  1. Stato di sonno profondo
    Il bambino non presenta attività fisica, né movimenti particolari. Il suo respiro è regolare e profondo ed è difficile svegliarlo. Non sono presenti movimenti oculari sotto le palpebre e in genere non reagisce ai rumori e agi stimoli. È la fase del sonno in cui possiamo spostarlo senza svegliarlo.
  2. Stato di sonno attivo o leggero
    La respirazione è irregolare e superficiale e potrebbero esserci movimenti del corpo e del viso, come sorrisi e movimenti oculari.
    Il neonato può svegliarsi con facilità ed è reattivo anche agli stimoli a bassa intensità.
    È la fase in cui sogna o fase REM.
  3. Stato di transizione tra sonno e veglia, sia durante il risveglio, sia durante l’addormentamento
    Il bambino presenta attività fisica minima, respiro irregolare, occhi che si aprono e si chiudono. È difficile capire se sia sveglio o addormentato. Può riprendere sonno da solo se non stimolato direttamente o indirettamente.
  4. Stato di veglia quieta
    Il bambino è calmo e rilassato, il suo respiro regolare. È attento e ricettivo agli stimoli che lo circondano (suoni, volti e movimenti). È la fase ideale per essere massaggiato o allattato e per interagire con gli altri: in questa fase avviene l’apprendimento attraverso lo sguardo e il contatto. Nei primi mesi di vita, lo stato di veglia quieta durerà pochi minuti e il tempo della sua durata andrà via via aumentando man mano che il bambino crescerà.
  5. Stato di veglia attiva
    Il bambino si guarda intorno, ma non guarda in faccia: è fisicamente più attivo che nella fase precedente. Dà segnali di insofferenza e comunica un desiderio di cambiamento. Emette vocalizzi che possono portarlo al pianto.
  6. Pianto
    È la fase che indica che si sono superati i suoi limiti di adattamento. Il bambino deve essere accudito urgentemente.

I risvegli dei bambini

I numerosi risvegli del neonato e del lattante sono da considerarsi normali, quindi non si può affermare che i bambini scambino i giorno con la notte: per loro sono unità unite e indifferenziate, perché ancora non producono autonomamente l’ormone della melatonina che regola il ritmo sonno-veglia.
I ritmi del sonno nei neonati derivano da un continuum evolutivo con quelli del feto, che nella pancia della mamma era abituato ad un ambiente costante.
La variabilità del sonno nei neonati è dovuta a vari fattori: in primo luogo, la genetica e il cronotipo, ovvero la preferenza di fascia oraria in cui si tende ad aver bisogno di dormire, e si eredita dai propri genitori.
I “gufi” tendono a svegliarsi tardi la mattina e fare le ore piccole la sera, mentre le “allodole” si svegliano all’alba e crollano presto dopo cena.
Ognuno poi ha le sue particolari quantità di ore di sonno necessarie al proprio organismo. Ci sono i “buoni dormitori” o “dormiglioni” e i “cattivi dormitori”, quelli che dopo poche ore sono già ricaricati e pronti a partire.
Anche il carattere dei bambini incide notevolmente sul loro sonno.
Le cause per cui i più piccoli si svegliano possono davvero essere tante:

  • Periodi di regressione del sonno: sono periodi precisi dello sviluppo in cui il bambino sembra fare qualche passo indietro rispetto ai ritmi di sonno che sembravano essere regolarizzati. Può svegliarsi più spesso la notte o può essere più bisognoso di contatto e attenzioni durante il giorno. Si tratta di regressioni dovute ad alcuni momenti chiave dell’apprendimento.
    Cosa fare? Armarsi di pazienza, aumentare il contatto fisico, rassicurare il proprio bambino
    e piano piano la fase passerà.
  • Ansia da separazione o angoscia dell’estraneo: è una fase dello sviluppo del bambino.
    Intorno all’ottavo mese, i bambini imparano a riconoscere le persone familiari e non e ad aver paura degli estranei. La notte i bambini ripensano a ciò che hanno vissuto durante il giorno e quindi posso provare anche ansia e angoscia, che causano loro incubi e risvegli conseguenti.
  • Eruzione dei dentini: posso infastidire anche molti giorni prima o diverse settimane prima che escano dalla gengiva. Provocano un dolore acuto che può causare risvegli con pianto di dolore.
  • Sensibilità ai rumori.
  • Malattie stagionali o croniche.
  • Alimentazione poco digeribile, abbondante o insufficiente.
  • Inserimento al nido o scuola dell’infanzia.
  • Nascita di un fratellino.
  • Ritorno al lavoro della mamma: dopo mesi e mesi insieme, si sveglia di notte per essere rassicurato, per fare il “pieno” di coccole.
  • Tensioni, litigi o discussioni in sua presenza.
  • Apparecchi elettronici ad alto volume.
  • Emissioni elettromagnetiche.
  • Presenza in casa di estranei per brevi o lunghi periodi.

NB. Ricordati di non far dormire il tuo bambino vicino a dispositivi elettronici e di spegnere il wi-fi almeno di notte.

Share This